Addio a Shlomo Venezia, prezioso testimone sopravvissuto alla Shoà

StoriaAddio a Shlomo Venezia, prezioso testimone sopravvissuto alla Shoà

di Alessandra Boga

Ogni Giornata della Memoria, il 27 gennaio in Italia, la tv mostrava una sua testimonianza di sopravvissuto alla Shoà. Mi è rimasta impressa, anche se gliel’ho sentita raccontare anni fa, la storia di una neonata di due mesi, entrata nelle camere a gas con la madre e ritrovata viva, attaccata al seno di lei. In seguito la piccola, che piangeva, dovette essere portata ad un nazista, che le sparò alla bocca.

Ora Shlomo Venezia se n’è andato: il 1° ottobre, ad 88 anni. La morte lo ha colto nel sonno, così, almeno all’ultimo, non ha dovuto soffrire, lui che l’ha fatto tutta la vita.

Sì, perché da giovane, era stato deportato e costretto a lavorare nel Krematorium II del campo di sterminio tedesco di Auschwitz- Birkenau (quest’ultimo è un termine assai poetico che significa il “posto delle betulle”, e certo stride fortemente con ciò che è stato quel luogo).

Shlomo faceva parte dei Sonderkommando (“unità speciale”), il gruppo di ebrei che dovevano portare via i cadaveri della moltitudine di povere vittime passate nelle camere a gas, e buttarli ad incenerire nei forni. Non avevano scelta: quelli che si rifiutavano, venivano immediatamente freddati con un colpo alla testa.

Tra gli infelici che si avviavano a morire, i Sonderkommando trovavano naturalmente anche amici e parenti.

Shlomo aveva visto entrare nella “doccia” un cugino di suo padre: prima gli aveva parlato, assicurandogli (mentendo) che la sua agonia non sarebbe durata a lungo e che non avrebbe sofferto.

Tuttavia venivano “selezionati” anche i membri dell’ “unità speciale” di cui lui faceva parte, perché i nazisti non volevano testimoni della loro barbarie. Infatti pochi di questi ebrei sono tornati a casa (70 avevano lavorato con Shlomo, altri erano già stati tutti uccisi).

Anni addietro, il sopravvissuto Venezia avrebbe detto: “Non si esce mai, per davvero, dal Crematorio”.

E certo non aiutava l’indifferenza e l’incredulità della gente, quando lui, 47 anni dopo la Shoà, trovò la forza di raccontare ciò che aveva subito e visto nei campi di concentramento (un fratello, un cugino e un amico, si erano salvati anche loro ed erano emigrati, i primi in America, l’altro negli USA, ma non se la sentivano di condividere quei devastanti ricordi).

“Le persone non volevano ascoltare né crederci”: lui stesso era stato preso per matto da qualcuno, aveva rivelato Shlomo. Ma dal 1992, con un antisemitismo crescente in Europa, a partire dalla Francia con un cimitero ebraico profanato, l’uomo non aveva mai smesso di raccontare. E di tornare ad Auschwitz, cosa che aveva fatto per ben 57 volte ( solo una, invece, è riuscito a portarci il fratello, il cugino e l’amico).

La preoccupazione di Shlomo Venezia era che i ragazzi “sapessero” (lo h confermato in questi giorni sua moglie Marika), perciò li portava a Birkenau in visita guidata.

Raccontava loro di essere stato il “numero 182727” e di essersi salvato per miracolo la notte prima della liberazione del campo, mettendosi tra i prigionieri che facevano evacuare e sopravvivendo alla “marcia della morte”; raccontava di essere stato arrestato a Salonicco l’11 aprile del 1944 insieme a tutta la sua famiglia e al resto della Comunità ebraica.

Oltre a “spiegare” agli studenti, Shlomo Venezia ricostruì la sua tremenda attività nel Krematorium per il celeberrimo dvd “Destinazione Aushchwitz” (Proedi) e nel libro intitolato proprio “Sonderkommando Auschwitz” (Rizzoli).

Si è spento un uomo che aveva addirittura “guardato dallo spioncino” delle camere invase dallo Zyklon-B: “questione di attimi” (che poi tanto attimi non erano, abbiamo visto all’inizio: 10-12 minuti di agonia per i malcapitati). “Ho visto esattamente come si agitava la gente dentro”, aveva raccontato Shlomo. “C’erano persone attaccate alla porta. Cercavano di muoversi, ma non ci riuscivano. Si intrecciavano fra loro, la maggior parte con le mani alzate che cercavano. Può darsi che chiamassero Dio”.

Dopo questi tragici ricordi, Shlomo, che almeno la terra ti sia lieve.

 

 

 

1 commento 

  • da Silvia Come si fa a commentare tanto orrore

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