Roma, una mostra ricorda il 16 ottobre 1943

StoriaRoma, una mostra ricorda il 16 ottobre 1943

di Alessandra Boga

Lunedì 19 settembre, alla Casina dei Vallati, sede della Fondazione del Museo della Shoah al Portico D'Ottavia, col patrocinio del Consiglio dei Ministri, della Regione Lazio, di Roma Capitale, dell'Ucei e della Comunità ebraica di Roma, con l'organizzazione generale di C.O.R. Creare Organizzare Realizzare, si è aperta a Roma la mostra “16 ottobre 1943. La razzia”,  per ricordare la deportazione dei 1.022 ebrei della Capitale da parte delle SS comandate dal maggiore Herbert Kappler, per inviarli ad Auschwitz. L’evento, curato dallo storico Marcello Pezzetti, uno dei massimi studiosi italiani della Shoà e curatore del libro “16 ottobre 1943: la razzia degli ebrei di Roma” (Aa.VV.), si concluderà il 15 gennaio 2017.

Alla presentazione dell’evento, seduto in prima fila, c’era anche Lello Di Segni, ormai l’ultimo ancora in vita dei 16 ebrei romani sopravvissuti allo sterminio – 15 uomini e una donna, Settimia Spizzichino, scomparsa nel 2000 –.

“Questa volta - ha spiegato Pezzetti – oltre ai volti delle vittime abbiamo voluto mostrare anche quelli dei carnefici, tra gli altri abbiamo Herbert Kappler, capo della polizia tedesca a Roma, Theodor Dannecker che fu l'ideatore della retata, Eitel Friedrich Moellhausen, console tedesco a Roma che alla richiesta di Berlino di deportare ottomila ebrei rispose: “forse è meglio evitare la retata, Roma è una citta aperta, è preferibile farli lavorare”.

All’indomani dell’armistizio i nazisti occuparono Roma e immediatamente dopo costrinsero gli ebrei a raccogliere e consegnare 50 chilogrammi d’oro in 36 ore (il che significò per molti il sacrificio degli unici ricordi di famiglia), minacciandoli che se non l’avessero fatto, 200 padri di famiglia sarebbero stati deportati in Germania. La feroce estorsione si rivelò un inganno: in tanti si illusero che sarebbero stati poi lasciati in pace. Invece meno di 20 giorni dopo furono rastrellati e deportati oltre agli uomini anche donne e bambini, giovani e anziani.

“Abbiamo molti documenti trovati negli archivi tedeschi che vengono esposti per la prima volta – ha spiegato ancora Pezzetti – tra cui le schede personali di Sabatino Finzi e Leone Sabatello, ‘italiani di razza ebraica’, due dei 149 uomini deportati ad Auschwitz, col loro numero di matricola, la foto del Krematorium V dove vennero uccisi gli ebrei romani, sei immagini dell'unità Seeling donate dal figlio di un nazista che ne faceva parte. ‘Se non le usate distruggetele’, ci ha scritto. Il foglio relativo ad Anticoli Lazzaro che nel lager viene punito per aver rubato il cibo ai cani”. Ci sono poi le video interviste ai sopravvissuti realizzate negli anni passati e una mappa della città con i numerosi punti in cui avvennero i rastrellamenti durante tutto il periodo dell’occupazione.

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