Adolescenti in fuga dalla Shoà si ritrovano dopo oltre 70 anni

StoriaAdolescenti in fuga dalla Shoà si ritrovano dopo oltre 70 anni

di Alessandra Boga

Erano tutti adolescenti tra i 14 e i 16 anni quando, nel 1939, dalla Cecoslovacchia presero il treno per la Danimarca non ancora occupata dai nazisti, per sfuggire alle persecuzioni. Loro erano ebrei e, se fossero rimasti in patria, avrebbero fatto la fine della maggior parte dei loro familiari, in seguito uccisi nei campi di concentramento.
Così organizzazioni ebraiche come la divisione giovanile della Jewish Agency (Aliyat Hanoar, o Jugend Aliyah), in collaborazione con gruppi giovanili sionisti, varie comunità ebraiche e la Lega Danese per la Pace, li fecero fuggire. Ma i genitori potevano mandare in Danimarca soltanto un figlio e così, come nello struggente film “La scelta di Sophie” con Meryl Streep, furono costretti a scegliere (magari vendendo dei gioielli per farlo/a partire) quale doveva salvarsi e quale invece doveva rischiare di morire. 
La maggior parte dei ragazzi non avrebbe mai più rivisto i propri familiari dopo la guerra.
Arrivati in Danimarca, furono ospitati da famiglie locali e vennero impiegati in fattorie. La scelta del lavoro per questi adolescenti non era casuale: sarebbe servita a prepararli quando fossero immigrati nello Stato d’Israele, che sarebbe nato 9 anni dopo. Una volta lì, avrebbero svolto lo stesso mestiere in un kibbutz, oppure avrebbero lavorato nell’ambito delle scienze naturali.
Sì, perché poi, nel 1943, anche la Danimarca cadde in mano nazista e i 7000 ebrei del Paese, compresi i ragazzi cechi rifugiati, non erano più al sicuro. Così alcuni di loro si trasferirono nella neutrale Svezia, altri emigrarono appunto nel neonato Stato ebraico. Altri ancora si trasferirono  in Sudafrica, negli USA, in Canada, in Gran Bretagna. Il gruppo di amici, dunque, si divise. Fino all’anno scorso, quando una giornalista di Praga, Judita Matyasova, iniziò a fare ricerche su questi ragazzi, ovviamente ormai diventati anziani o anche defunti. E ha fatto sì che la settimana scorsa sei di questi ex adolescenti ebrei e i parenti di quelli che purtroppo non ci sono più, organizzassero una commovente riunione a Neve Ilan, fuori Gerusalemme, dopo settant’anni da quel soggiorno forzato in Danimarca. Anche se per tutti questi anni la maggior parte di essi non si sono più visti né sentiti, “eravamo molto vicini.. … Veramente, lo eravamo”, ha affermato con sentimento una di loro, Judith Sheked, seduta a fianco della carissima amica di quel tempo, Anne Marie “Nemka” Steiner (nata Federer).
“Questa riunione avrebbe significato il mondo per lei” ha dichiarato Barbara Rich, figlia di Dina Kafkova, una delle ragazze ebree ceche fuggite a Praga, purtroppo scomparsa prima del felice ritrovo.
Intanto la giornalista Judita Matyasova che ha contribuito a rimettere insieme i vecchi amici, ha detto a TimeofIsrael.com: “Un po’ di individui, o anche un solo individuo, è più di un numero”, il numero che veniva inciso sul braccio dei detenuti nei campi di concentramento. “Ci sono altri adolescenti cechi salvati dalla Danimarca durante la guerra, e io voglio trovarli tutti”, ha promesso Judita.

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