
LibriIl Galempio
di Elena Lattes
Il teatro d’opera è un universo vasto, variegato e spesso poco conosciuto al di là della sua apparenza scenica di cui noi spettatori ne vediamo soltanto la facciata più raffinata: i palchi illuminati, le grandi voci, le scenografie sontuose. Ogni rappresentazione, tuttavia, è il risultato di un lavoro lungo complesso e collettivo che coinvolge centinaia di persone con ruoli e temperamenti diversi, spesso in contrasto tra loro. Per questo è particolarmente prezioso un libro come Il Galempio, pubblicato da Zecchini Editore, in cui Piero Rattalino — figura di rilievo assoluto nel panorama musicale italiano — ci accompagna nel dietro le quinte di mezzo secolo di vita teatrale.
Il titolo, curioso e quasi surreale, nasce da un equivoco fonetico tanto buffo quanto rivelatore. In una rappresentazione del Macbeth di Verdi, un corista, interrompendo maldestramente il respiro, spezza erroneamente il verso “colga l’empio” facendo emergere la parola inesistente “galempio”. Questo neologismo involontario diventa così simbolo delle “stranezze” sotterranee che popolano il teatro lirico. Un mondo in cui l’imprevisto è spesso dietro l’angolo, come dimostra un altro celebre caso: il famoso do di petto del tenore ne Il trovatore, che viene emesso sopra le parole “o teco morir” nella cabaletta della “pira” e che, presso molti attempati appassionati, è ormai noto affettuosamente come l’“oteco”. Piccoli scarti o fraintendimenti vocali che, lungi dall’essere banali, raccontano molto del fascino (e del caos) dietro le quinte dell’opera.
Rattalino, con oltre quarant’anni di esperienza come direttore artistico in teatri prestigiosi (Bologna, Genova, Torino, Catania), nonché docente, pianista, critico musicale e collaboratore della Rai, ha conosciuto da vicino una vera e propria “fauna” di personaggi memorabili. A spingerlo a scrivere questo libro sono stati amici e familiari, ma soprattutto il desiderio di trasmettere — con leggerezza e lucidità — una serie di episodi significativi vissuti in prima persona o raccontati da colleghi fidati.
La struttura del libro è semplice ma efficace: i protagonisti sono raggruppati per tipologia — direttori d’orchestra, sovrintendenti, presidenti — e raccontati a gruppi di quattro, come se fossero movimenti di un'opera buffa. Ne emergono ritratti vividi e spesso irresistibili: dal direttore Del’man, maniaco dell’igiene ma dal cuore tenero, a Celibidache, sospeso tra spiritualità e intransigenze; dai sovrintendenti come Badini, maestro di diplomazia, fino a presidenti di fondazioni capaci di ipotecarsi beni personali per salvare un teatro.
Ma il libro non è solo un compendio di aneddoti: è anche una riflessione sullo stato del teatro musicale italiano, in particolare dopo la Legge n. 800 del 1967, che cercò di inquadrare gli enti lirici in un modello di gestione pubblico. Secondo Rattalino, questo sistema, pur animato da buone intenzioni, ha mostrato nel tempo rigidità e inefficienze che hanno ostacolato una vera evoluzione culturale e organizzativa.
Molto gradevole lo stile con il quale l’autore racconta, alternando l’ironia alla malinconia, la critica acuta all’umorismo intelligente. Le sue descrizioni sono così dettagliate e visive che il lettore si sente quasi testimone diretto delle scene raccontate. Anche i personaggi più burberi, egocentrici o fobici non suscitano mai antipatia perché egli riesce a descriverli con uno sguardo sempre umano, comprensivo, a volte tenero. Si intuisce chiaramente la sua abilità diplomatica e il rispetto guadagnato sul campo, che gli ha permesso di interagire con personalità complesse senza mai soccombere ai capricci del “divismo”.
Un altro aspetto notevole è il valore collettivo della memoria. Rattalino non si limita a rievocare episodi personali, ma intreccia i propri ricordi con quelli di altri colleghi e amici, costruendo così un affresco più ampio, quasi corale. Questo conferisce all’opera una dimensione storica e documentaria, pur restando saldamente ancorata alla narrazione personale.
In alcune parti, il libro diventa anche un elogio dell’improvvisazione e della resilienza: molti problemi apparentemente insormontabili vengono risolti in modo inaspettato — talvolta per puro colpo di fortuna, altre con ingegnosità e spirito d’adattamento. La vita del teatro, ci ricorda Rattalino, è fatta anche di inciampi, tentativi, compromessi e colpi di scena degni delle opere che mette in scena.
Due intermezzi arricchiscono la narrazione con spunti più leggeri ma non meno acuti: uno dedicato alle incongruenze dei libretti (“Di tanti figli…”) e uno al tema ironico dei sopracuti tenorili (“Dodipetto – Pavarotti & C.”), che regalano al lettore momenti di autentico divertimento e riflessione sul culto della voce nell’opera.
In conclusione, Il Galempio è molto più di un diario di ricordi: è una lente critica, affettuosa e brillante sulla vita dei teatri italiani. Una lettura godibile e scorrevole, adatta tanto agli appassionati di musica quanto a chi voglia comprendere il funzionamento, spesso grottesco ma sempre affascinante, di una delle istituzioni culturali più complesse e rappresentative del nostro Paese. Un libro che diverte, commuove e — soprattutto — insegna.
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