Quell'antisemitismo mascherato da (finta) politica che boicotta l'Arte e la Cultura

ArteQuell'antisemitismo mascherato da (finta) politica che boicotta l'Arte e la Cultura

di Alessandra Boga

Quante volte abbiamo sentito affermare che l’arte, la cultura, devono unire e non dividere? Tantissime naturalmente, al punto che è diventato quasi banale dirlo. Ma evidentemente ciò non avviene, quando c’è di mezzo Israele; non quando gli artisti e i personaggi di cultura sono israeliani.

Ne abbiamo avuto l’ennesima triste conferma solo pochi giorni fa, quando alcuni facinorosi hanno fatto irruzione in un teatro di Berlino, interrompendo l’esibizione dei “Cantori del Kibbutz”, un gruppo musicale che ha la stessa età dello Stato d’Israele, essendo nato nel 1948, e che porta la musica ebraica in giro per il mondo.

I motivi dell’incursione? Antisemitismo ammantato di politica, naturalmente, e di finto amore per i palestinesi. Infatti quei soggetti sono entrati in teatro gridando lo stesso mantra di Hamas e dell’Iran “una sola Palestina dal fiume al mare” (Fiume Giordano, Mar Mediterraneo): leggi “Israele dev’essere distrutto”. Ciò corrisponde a niente Stato palestinese sicuro e indipendente, perché Israele, ovviamente, non può rinunciare a difendere il proprio diritto all’esistenza … .

E la musica ebraica è finita, è stata messa a tacere.

Quello di Berlino, appunto, è solo l’ultimo di un’innumerevole serie di episodi che dimostrano come l’odio per Israele e per gli ebrei, non risparmi nemmeno la loro cultura.

Ad agosto è stato interrotto addirittura tre volte, durante il Festival di Edimburgo, un balletto della Batsheva Dance Company. I manifestanti chiedevano espressamente di annullare l’evento, attraverso una lettera firmata proprio da personalità della cultura, come lo scrittore scozzese Iain Banks (che 4 anni fa il Times aveva inserito nell’elenco dei 50 principali autori del Dopoguerra) ed i poeti suoi connazionali: Liz Lochhead (che è anche drammaturga) e Tom Leonard.

Come non ricordare poi le surreali proteste per aver dedicato la Fiera del Libro di Torino del 2008 ad Israele, in occasione dei suoi sessant’anni? Come dimenticare le iniziative di boicottaggio?

Per non parlare delle contestazioni, durante la stessa manifestazione nel 2010, contro lo scrittore “pacifista” Amos Oz, che tutto è fuorchè insensibile alle sofferenze dei palestinesi (come anche i suoi amici e colleghi ai quali viene sempre associato, David Grossman e Avraham Yehoshua).

Vogliamo andare avanti a rammentare gli “attentati” alla cultura israeliana ed ebraica? Nel 2009 la celeberrima Noa, icona della pace con arabi e palestinesi, si è esibita a Mosca assieme alla cantante araba Mira Awad nel corso dell’Eurovision Song Contest. Le due artiste, che rappresentavano Israele, hanno cantato la canzone “There Must Be Another Way”(“Ci dev’essere un altro modo”), una sorta di inno alla pace. Ebbene, Mira Awad è stata minacciata di morte per aver accettato di cantare con la “sionista” Noa, ed alcuni colleghi arabi l’hanno duramente attaccata.

Per finire (ma sicuramente ci sarebbero altri casi da citare) ricordiamo che nell’aprile scorso, star del cinema e del teatro del calibro di Emma Thompson hanno chiesto di vietare al teatro israeliano Habima di partecipare al Festival shakespeariano al Globe Theatre di Londra.

La pace tra ebrei, arabi e “sostenitori” di questi ultimi rimane davvero un miraggio, se lo è anche per la cultura.

 

 

 

 

 

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