Israele e la lotta al terrorismo

CronacaIsraele e la lotta al terrorismo

di Aldo Astrologo

A seguito della pubblicazione di uno studio israeliano che si proponeva di fornire suggerimenti per la lotta al terrorismo, si è svolto, alla Camera dei Deputati il 15 marzo scorso, un seminario dal titolo “Israele e la lotta al terrorismo, suggerimenti per l’Europa”.

Al convegno sono intervenuti: Fabrizio Cicchitto, Presidente della Commissione Esteri; Fiamma Nirenstein, giornalista, ex parlamentare e direttore del “Progetto Europa”; Yossi Kuperwasser, senior fellow del Jerusalem Center of Public Affairs, Gerusalemme; Daniel Diker già segretario e Consigliere per il Medio Oriente presso il Congresso Mondiale ebraico; Stefano Dambruoso, deputato questore; Andrea Manciulli, Presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato.

Chiaramente il terrorismo era visto sotto vari aspetti e ogni relatore aveva il suo punto di vista. Secondo Fiamma Nirenstein il terrorismo è di un’unica matrice, quella ideologica, che accomuna tutte le sue forme, compreso quello palestinese. Pur cercando di studiarne e capirne le cause, quindi, con esso non si può scendere a trattative, ma bisogna combatterlo senza illusioni. Questo concetto non è stato ancora compreso dall’Europa la quale non si sta impegnando abbastanza per imparare a difendersi. Al contrario, Israele ha saputo adeguarsi e sa come muoversi poiché ha capito che il terrorismo è una nuova modalità di vera e propria guerra.

Per Kuperwasser, che ha una mentalità da ex generale, bisogna vedere la dimensione strategica. E’  una questione di sicurezza nazionale. Per gli israeliani è fondamentale l’apprendimento delle strategie del terroristi per combatterli. Loro cambiano tattiche e Israele deve reagire. Importante è la prevenzione per far rallentare le loro azioni e per minimizzare i danni, in parole semplici, è necessario evitare di dare vantaggio ai terroristi.

Diker ha parlato invece del bisogno di una solidarietà morale tra gli israeliani e tra i vari Paesi, specificando che esiste un’asimmetria morale tra coloro che fanno gli attentati e coloro che li subiscono. Bisogna rimanere uniti per fronteggiare il nemico.

Manciulli ha auspicato una legiferazione sul fenomeno della radicalizzazione e una maggiore collaborazione con Israele in questo campo. E’ necessario, ha affermato, varare leggi preventive. Se si pensa che il fondamentalismo finisca con la presa di Mosul e Raccah ci si illude e si commette un grosso errore, poiché gli “spazi vuoti” saranno poi riempiti, come per esempio è successo nel Sinai. Dopo aver affrontato la questione dal punto di vista giuridico si dovrà perciò combattere il fondamentalismo con la cultura.

Dambruoso mette in risalto il problema delle leggi e della sicurezza. Nascono situazioni nuove a cui bisogna rispondere ma dobbiamo stare attenti. Con i mezzi moderni di intercettazione possiamo arrestare persone che da sole, in casa si sono radicalizzate ma che non avevano ancora fatto nulla. Questo implica nuovi concetti e nuove regole.

Cicchitto alla fine cerca di trarre delle considerazioni generali; confessa che noi italiani non siamo immuni, non siamo vergini a questo fenomeno poiché abbiamo (avuto?) le brigate rosse e gli estremisti di destra, ma cerca di distinguere il terrorismo islamico dalla gran parte del mondo mussulmano che ne è estraneo.

A differenza della Nirenstein che affermava che tutti i terrorismi sono uguali precisa che, a suo modo di vedere, l’Isis è diverso dal terrorismo che attacca Israele.

Ho trovato interessante sentire come Israele considera e fronteggia il fenomeno e con quale spirito il popolo convive con questo pericolo. Inoltre mi ha colpito la differenza di opinioni tra l’On. Cicchitto secondo il quale il terrorismo contro Israele è uno dei mezzo di lotta per la “liberazione” mentre da parte israeliana, visti vani i tentativi di pacificazione, esso venga considerato un tentativo di “genocidio“, o almeno l’attuazione e la messa in pratica di un odio infinito.

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