Arabi grati allo Stato di Israele

CronacaArabi grati allo Stato di Israele

di Alessandra Boga

L’Hadassah Hospital di Gerusalemme è una rinomata oasi di pace dove sia i pazienti che il personale sono sia israeliani che arabi. La conferma arriva dalla storia del prof. Ahmed Eid, 64 anni, chirurgo arabo-israeliano di religione musulmana nato vicino Nazareth, che domenica 4 agosto, assieme ad una dottoressa chiamata da un altro ospedale di Hadassah (e alla quale è stata persino offerta una moto scorta della polizia, quando è stata bloccata nel traffico), ha salvato la vita nientemeno che a un giovane soldato dell’IDF, Chen Shwartz, 19 anni, ferito dai colpi di pistola sparati da un ragazzo arabo. Nulla di eccezionale per lui: “L’ 80% dei miei pazienti è ebreo”, fa presente TimeofIsrael.com.

Eid, dopo la specializzazione in chirurgia nella celebre Clinica Mayo negli Stati Uniti, ha fatto una brillante carriera: ha eseguito il primo trapianto di fegato realizzato nello Stato ebraico (nel 1991, su un giovane immigrato russo con cui il professore è ancora in contatto, anche se questi si è trasferito a New York) e oggi è primario del reparto di chirurgia proprio all’Hadassah Hospital, uno dei più importanti ospedali del paese.

Nessun “dramma identitario” nel suo caso: “Sono cresciuto in un’atmosfera d’interazione, di vita insieme” con gli ebrei, dice. Da bambino Ahmed trascorreva del tempo nel kibbutz di Ein Dor a pochi minuti dal suo villaggio, Daburiyya, a est di Nazareth (a nord di Israele), “e loro trascorrevano del tempo con noi”, racconta. Non ha svolto il servizio militare “perché non sono stato chiamato. Mio figlio invece l’ha fatto” e lo stesso, aggiunge, vorrebbero fare molti arabi – israeliani, se i posti giusti come volontari fossero disponibili.

Il prof. Eid è cresciuto in una famiglia “con poca religione. Mio padre pregava. Sono musulmano per eredità, ma come il 90 % degli arabi – israeliani, non sono religioso”. Di dieci figli è l’unico ad aver ricevuto un’educazione di livello così elevato: “Ma non c’era nulla che fermasse i miei fratelli. Io avevo un buon cervello, ho studiato duramente, e ho avuto molto supporto” ( a dir la verità c’è stato anche qualche attrito con suo padre, ma solo perché questi voleva che il figlio aprisse una clinica nel loro villaggio, anziché andare a lavorare a Gerusalemme).

“Mi sento parte di questo Stato e mi innervosisco con coloro che ne dubitano. Sono israeliano e non ho bisogno di provarlo. E’ presentato come un dilemma: ‘Siamo arabi, come ci sentiamo’? La mia lealtà verso lo Stato non è in discussione. E’ un po’ fastidioso doverne parlare”, afferma con energia il chirurgo. “Sì, un arabo gli spara” (al soldato israeliano) “e un arabo lo salva. C’è un’apparente contraddizione. Ma in realtà non lo è. Ho fatto solo il mio lavoro”, dice Eid.

Per quanto riguarda le sue idee politiche, il medico afferma che sono riassumibili nel motto “vivi e lascia vivere”. “La maggior parte dei problemi possono essere risolti attraverso la discussione. La gente è indottrinata. E’ un abuso della religione. Hanno rapito e ucciso tre ragazzini”, afferma riferendosi ai tre adolescenti israeliani, poi estremisti ebrei hanno ucciso un ragazzino arabo – israeliano musulmano. Tuttavia la maggioranza degli arabi-israeliani, come i suoi stessi fratelli e sorelle, continua il medico, “vuole essere in questo paese in partnership” con gli ebrei, non come fa la parlamentare araba – israeliana Hanin Zoabi, che ha idee estremiste, anti-israeliane. “La maggior parte degli arabi – israeliani vuole una vita tranquilla. La loro situazione non è buona economicamente. Ci sono ingiustizie. Gli ebrei stessi possono dirlo. Ma non c’è rivolta. La gente vuole vivere. Non vuole guai”.

Perciò il chirurgo sostiene ancora una volta che un’esperienza come la sua non è rara oggi. “Sono un prodotto di Israele. Noi sentiamo un’umanità e un obbligo verso lo Stato. Senza esitazione. Ringrazio il paese per avermi dato la possibilità di arrivare a questa situazione. Sì, ho lavorato sodo, ma non sono venuto dal niente. Non do il mio traguardo per scontato".

Lo stesso clima di tolleranza ha vissuto Miriam (Miri) Shwartz, la madre di Chen, il soldato salvato dal prof. Eid. La signora è nata ad Acro, una città mista: “Non c’è storia. Ci sono estremisti qui e all’estero, ma la maggior parte della gente vuole vivere e crescere i suoi bambini in tranquillità e pace”, afferma. “Un sacco di palestinesi vengono curati a Hadassah”.

“Questo ospedale è un microcosmo d’interazione tra arabi ed ebrei. Il 50% dei nostri pazienti sono arabi”, fa sapere il prof. Eid. “Ma non c’è dramma in questo”, conclude: “I leader dovrebbero venire qui e imparare da esso”.

 

1 commento 

  • da rZUxb8mAPLwa E' interessante la vsrota presenza sul web; vorrei poter partecipare a qualche commento: ho 78 anni di cui 35 vissuti all'estero pert lo pif9 in paesi arabi lavorando come GM di catene alberghiere da 5 stelle.Saluti e complimentiArmando Dickmann

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