A trent'anni dall'Intesa

AttualitàA trent'anni dall'Intesa

di Aldo Astrologo

In una sala dell’Istituto Pitigliani di Roma, dove, tra l’altro ha sede il centro di Cultura ebraico, si è svolto recentemente un dibattito per ricordare le Intese che lo Stato italiano condusse con l’Unione delle Comunità nel 1987 conclusesi con un accordo siglato da Bettino Craxi e dalla Presidente Tullia Zevi.

A rendere vivo e dare un significato particolare alla tavola rotonda è stata la presenza di alcuni protagonisti di quello storico avvenimento: Margiotta Broglio in rappresentanza dello Stato italiano, l’avvocato Dario Tedeschi e, in teleconferenza da Milano, l’avvocato Giorgio Sacerdoti per la parte ebraica. Il confronto è partito con un excursus storico dagli anni ’60 fino ai giorni nostri in cui è stata evidenziata la “obsolescenza” degli accordi in quanto non più corrispondenti alla realtà attuale, ma anche l’ipotesi o speranza che gli stessi possano costituire un modello per un’intesa con altre “religioni” come per esempio l’Islam, a condizione che ci sia pari dignità in ogni fase del processo. Un altro punto toccato è stato quello del riconoscimento e delle condizioni primarie per attuarlo, ovvero il rispetto dei diritti umani, la parità di genere, la libertà religiosa. Dunque, la Comunità che vuole raggiungere l’intesa non può contemplare costrizioni, diversità di trattamento tra uomo e donna, o giustificare le violenze (pensiamo a molte donne musulmane o all’usanza sik di portare con sé un pugnale).

Sostenendo di rappresentare una novità, un esponente della Federazione italiana per l’ebraismo progressivo ha quindi proposto un altro polo associativo: una federazione di comunità che apra “ai correligionari che non si riconoscono nel rito ortodosso” e che favorisca il pluralismo culturale e religioso.  Ne è seguito un lungo dibattito in cui sono intervenute varie voci: da parte dello Stato italiano è stato affermato che questo dev’essere un dibattito tutto interno all’ebraismo, mentre il rabbino Roberto Della Rocca, in risposta diretta rappresentante dell'ebraismo progressivo ha detto, testuali parole: "In un discorso che vorrebbe essere unitario ci si configura come un cappello al cui interno si possono avere idee diverse ma tutti uniti. Non è cosi. Questo è uno scisma. In questo contesto l’Unione delle comunità ebraiche italiane non esisterà più." Laddove il discorso unitario, inteso come cappello, è la proposta della Federazione, mentre il rav pensa che questa soluzione porterà soltanto ad uno scisma la cui conseguenza è la definitiva estinzione dell'Unione.

Altri temi toccati sono stati l’ipotesi di come la suddetta libertà debba essere regolata e alcune problematiche più specifiche come le milot (circoncisioni) e la kasherut (precetti che riguardano principalmente l’alimentazione, il sabato e le festività e così via).

Personalmente credo che sia stato gettato un sasso nello stagno e che quindi le acque dovranno per forza agitarsi. Anche se numerosi sono stati gli interventi, sia dagli “addetti ai lavori” che dal pubblico, infatti, essi si sono limitati a pareri e buoni propositi.  La speranza, dunque, è che, pur proseguendo nel solco delle tradizioni, si possa arrivare ad un modus vivendi di tipo "federativo" in cui nessuno dei diversi soggetti presenti si senta autorizzato a proclamarsi “puro ed esclusivo rappresentante del mondo ebraico”. Una questione spinosa, ma fondamentale, per evitare una “guerra” che porterebbe alla nostra scomparsa.

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