L'antisemitismo in Italia

AttualitàL'antisemitismo in Italia

di Marco Severa

L’ antisemitismo persiste ed è un sentimento ancora ben radicato. Quello che emerge dal contesto internazionale è il fatto di come le capitali europee abbiano aperto nuovamente le porte all’antiebraismo, dimostrandolo attraverso atti vandalici e manifestazioni anti-israeliane, anche grazie alla proliferazione di partiti razzisti e xenofobi, che spesso occupano posti di potere e, operano una politica populista nei confronti degli stranieri. I sondaggi attuali confermano questa tendenza; ad esempio, circa la metà della popolazione polacca e circa un quinto di quella italiana, sono convinti che gli ebrei nei rispettivi paesi influenzino le scelte economiche e politiche dei loro governi. Come è possibile tutto ciò? Facciamo un passo indietro. I pregiudizi contro gli ebrei creati a tavolino come tutti gli stereotipi, sono vecchi di secoli. Che gli ebrei vengano identificati come avidi usurai è una credenza medievale, quando essi, erano costretti ad intraprendere il mestiere di finanziatori. L’ idea della potenza e dell’ influenza ebraica sugli equilibri politici ed economici mondiali fa parte dell’ ideologia antisemita. Uno dei fattori che influì sul mito della “cospirazione ebraica” fu lo status acquisito dagli ebrei in seguito all’emancipazione ebraica: essi ebbero così l’occasione di affacciarsi al mondo del lavoro e del capitalismo. Questo inserimento danneggiò i ceti borghesi e diede vita ad invidie e competizioni. Il successo ed il potere conseguito, fece sorgere l’ idea che gli ebrei fossero i promotori dei nuovi assetti economici e politici. Essi vennero così accusati di essere gli autori di un piano complottistico volto a soggiogare il mondo. Coloro che intravedono nella religione ebraica solamente le prescrizioni del rituale ebraico, ne hanno una visione ristretta; chi la pensa così, dimentica che gli ebrei 1500 anni fa affrancavano gli schiavi ogni sette anni e le donne erano tutelate, a differenza della cultura islamica. Alla luce di questa disamina, sembra automatico come attualmente i movimenti studenteschi, pacifisti e di sinistra, soliti alla presa di posizione contro Israele, siano scesi in piazza affianco alle persone solitamente non schierate, per manifestare in difesa dei palestinesi; la diffusione di immagini di guerra attraverso i social network e la rete, spesso non riportate dai media convenzionali, sensibilizzano le coscienze dei cittadini occidentali; inoltre, il riconoscimento ufficiale della Palestina come stato, da parte di diversi governi europei, rischia di fomentare una rabbia che potrebbe scaturire in un nuovo antisemitismo; manifestando però contro la brigata ebraica che, ebbe un ruolo attivo nella liberazione dell’ Italia, identificandola con lo stato di Israele, non è il modo più corretto di mantenere viva la nostra identità storica su cui sono fondati i nostri valori costituenti. Manifestare o riprodurre sulle sinagoghe simboli nazisti, rischia di macchiare la nostra memoria storica e di delegittimare ciò che con fatica è stato costruito il secolo scorso. Nel nostro paese vi è una situazione particolare, attualmente l’antisemitismo come le altre discriminazioni, si sviluppa prevalentemente online. L’Italia purtroppo detiene il triste primato tra i paesi europei. Solo sei anni fa, i siti razzisti erano 836, mentre un anno dopo 1172. Secondo una relazione della Commissione Affari Costituzionali ed Esteri, il 44% degli italiani manifesta opinioni ostili verso gli ebrei. Come è possibile tutto ciò? Nonostante il dibattito storico intorno la questione ebraica sia ancora aperto, resta di difficile interpretazione il fatto che gli italiani si considerino antisemiti, anche alla luce del fatto che il fascismo italiano ebbe certamente un ruolo secondario nello sviluppo dell’antisemitismo europeo. Non bisogna però sottovalutare il ruolo dei partiti e dei movimenti neonazisti e xenofobi italiani, a cui si è permesso di proliferare nei decenni scorsi in barba alla legge Scelba del 1952 che punisce l’apologia del fascismo e di conseguenza l’atteggiamento razzista italiano. I militanti di questi movimenti, rifacendosi al nazifascismo, rivendicano teorie antisemite attraverso la rottura dei rapporti con Israele ed il perseguimento del principio di autodeterminazione, come ad esempio, nel caso della Palestina. Successivamente i membri di questi partiti confluiscono nell’organizzazione neonazista Militia, protagonista di minacce e di episodi di razzismo verso la comunità ebraica; proprio per questo il reato contestato spesso ai loro militanti è associazione a delinquere di idee fondate sull’odio razziale. Fortunatamente, questi movimenti sono rimasti circoscritti, anche grazie alla destra italiana che, nonostante abbia ricoperto un ruolo importante nel dialogo politico e nella costruzione dell’identità culturale italiana, non ha dato visibilità o ruoli istituzionali a questi partiti; non mancano infatti, episodi in cui esponenti della destra italiana hanno riconosciuto, presenziando ad eventi ufficiali, la veridicità dell’ Olocausto. Ciclicamente il parlamento italiano si ritrova a discutere dell’opportunità e della necessità di introdurre all’ interno dell’ ordinamento giuridico, il reato di negazionismo. Il pericolo di un ritorno del fascismo con il rischio di una continua diffusione di idee xenofobe è quanto mai attuale, anche alla luce della proliferazione dei nuovi movimenti neofascisti; un episodio che conferma questa posizione, è una sentenza della Cassazione che, nel 2012 ha confermato il giudizio nei confronti di due simpatizzanti di un movimento di estrema destra che avevano praticato gesti fascisti. Tuttavia, analizzando questi movimenti, notiamo come una vera e propria realtà politica o militante che mirasse sul negazionismo non c’è mai stata, ma di certo c’è stata la presenza di movimenti che avevano come programma fondativo elementi razzisti, filo-nazisti e antisemiti. Sembrerebbe automatico impedire che questi rigurgiti siano arginati o per lo meno impediti. Ma tutto ciò in Italia non succede. Anzi, intorno all’ apologia di fascismo ed alla necessità di introduzione del reato di negazionismo, si è fomentato un dibattito sulla necessità di garantire la libertà di pensiero e di opinione, diritti garantiti dalla costituzione; in un’ ottica liberale infatti, qualsiasi reato d’opinione sarebbe un attentato alle libertà personali. Proprio i partiti neofascisti hanno nei loro programmi politici l’abolizione di questa legge. Chi fa del populismo il proprio modo di far politica, ha bisogno di strumenti legislativi che ne tutelino l’operato ed i metodi. E’ altrettanto vero che fare politica non significa per forza sproloquiare qualsiasi argomento, sperando poi che si venga tutelati dalla legge. L’ostentazione di queste teorie minerebbe la solidità della nostra memoria storica e culturale, che va tutelata, proprio perché tutto ciò non si ripeta; per questo si deve impedire in tutti i modi che queste teorie si diffondano in modo errato, soprattutto se influenzano il clima politico. Dunque si tratterebbe di una battaglia che non deve essere combattuta sul piano sanzionatorio, ma su quello culturale. Un punto su cui non bisogna cadere è quello di ridurre la Shoah in una questione privata tra ebrei e tedeschi, come se gli italiani fossero esenti da colpe, solamente perché la questione ebraica in Italia fu marginale. La funzione della memoria è quella di non far percepire totalmente estranea la cultura ebraica a quella occidentale. Pregiudizi, intolleranza, ignoranza e accanimento per ciò che è diverso, creano questo clima d’ odio insieme al populismo che, si sta diffondendo nella nostra cultura, per colpa di una politica sempre più alla ricerca del riscontro elettorale popolare. Siamo il paese che ha permesso a Giorgio Almirante, uno dei firmatari del manifesto razzista, di cavalcare il contesto politico italiano nei decenni del dopoguerra, ed a Erik Priebke di lavorare ed essere celebrato al suo funerale dai nostalgici neonazisti, come se tutti avessimo dimenticato la nostra storia. Pertanto, è necessario che si fortifichi la memoria del “ mai più ”. Ci sarà discriminazione, ci sarà intolleranza e ci sarà violenza, finché non cominceremo ad utilizzare nei confronti degli ebrei, termini paritari che non li differenzino o li isolino; e finché ebrei ed ebraismo verranno visti come una categoria a parte non inserita nel contesto culturale storicamente europeo, vi sarà la necessità di giustificare una semplice visita ad una sinagoga da parte di un rappresentante politico, come un gesto eccezionale, come se questa categoria fosse una minoranza estranea alla nostra storia.

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