Nonostante sia sotto attacco Israele tenta di salvare i civili del nemico

AttualitàNonostante sia sotto attacco Israele tenta di salvare i civili del nemico

di Alessandra Boga

E’ ritornato il mai sopito conflitto tra Israele e Territori Palestinesi, in particolare con Gaza e Hamas che vogliono distruggere lo Stato ebraico.
Dopo aver colpito città del sud d’Israele, come di Be'er Sheva,Ashdod e Sderot e Ashkelon, lasciando almeno tre morti e ferendo un bambino ( nel comune di Kiryat Malakhi proprio vicino ad Ashkelon), i missili palestinesi hanno cercato di raggiungere persino Tel Aviv e Gerusalemme. A Tel Aviv, capitale economica di Israele, si è sentita anche una forte esplosione, mentre le sirene d’allarme suonano di continuo. Erano 21 anni che queste non si udivano più, come da 21 anni non venivano più aperti (mentre ci sono quelli sotterranei all’interno case) rifugi pubblici nella città; cioè da quando, durante la Guerra del Golfo nel 1991, verso lo Stato ebraico vennero lanciati missili Scud dall’Iraq di Saddam Hussein.
La parte palestinese lamenta già più di 20 morti, tra cui bimbi di 10 e 11 mesi. Eppure non è cinismo sottolineare, anche in questo caso, la differenza
tra i terroristi palestinesi (che fanno partire le loro azioni in mezzo ai civili, usandoli come scudi umani) e Israele (che cerca di evitare civili
palestinesi).
Com’era già successo nella contestatissima operazione “Piombo fuso” nel 2006, anche questa volta l’aviazione israeliana ha lanciato migliaia di volantini in
arabo su Gaza, esortando la popolazione a stare lontana da obiettivi sensibili di attacco: le sedi e le infrastrutture di Hamas. In uno di questi volantini si
legge proprio: “Per la vostra sicurezza, prendetevi la responsabilità di voi stessi e evitate la vicinanza dalle basi operative ed infrastrutture di Hamas e
di quelle organizzazioni terroristiche che pongono a rischio la vostra incolumità. Hamas sta ancora una volta trascinando la regione nella violenza e
nello spargimento di sangue. L’IDF è determinato a difendere i residenti dello Stato d’Israele. Questo annuncio è valido finché la quiete non sia ristabilita
nella regione”. Un messaggio per un disperato tentativo di salvaguardia dei civili palestinesi, ma nello stesso tempo tentando di fare loro capire chi è il
vero responsabile della situazione: ancora una volta il terrorismo di casa loro e Hamas in primis.
La popolazione israeliana è sempre più esausta. E lo è anche uno scrittore noto per essere un pacifista, contrario all’ “occupazione” dei Territori
Palestinesi da parte dell’esercito israeliano e persino agli omicidi mirati, perché “non risolvono la questione e questa azione arriva dopo giorni e giorni
di lancio di missili sulle nostre città”. Lo scrittore in questione è Abraham Yehoushua. Intervistato i giorni scorsi da “La Repubblica” (riportiamo gran
parte dell’intervista, perché molto significativa), egli ha dichiarato fuori dai denti: “Non si può trattare con Gaza come se fosse un territorio occupato o
un gruppo di terroristi: Gaza è un nemico e come tale va trattato. […] Israele fornisce elettricità a Gaza, fa passare dal suo territorio cibo diretto a Gaza: e loro ci sparano. Se a spararci fosse la Siria, reagiremmo militarmente, non con esecuzioni mirate. [...] Dobbiamo dichiarare ufficialmente che siamo in
guerra e agire di conseguenza”. E ancora: “La gente di Gaza pensa alla gente di Sderot, che vive sotto l’incubo dei missili lanciati da Gaza? La gente di Gaza sta partecipando alla guerra contro Israele: abbiamo ritirato i coloni, siamo andati via, perché continuano a spararci? E’ la gente di Gaza che ha eletto il governo di Hamas, che … è un governo responsabile delle sue azioni. In Israele questa situazione a minato alle basi la fiducia nella possibilità di una pace con i palestinesi: gli israeliani oggi pensano che se si ritireranno completamente dalla Cisgiordania accadrà lì quello che già accade a Gaza. E che
ci ritroveremo i missili a Gerusalemme e a Tel Aviv. Il comportamento di Hamas è uno dei più grandi ostacoli alla pace alla pace fra i palestinesi e gli
israeliani”.
E in questi giorni di sangue non possono non tornare in mente le celebri e sentite parole di Golda Meir: “Noi possiamo perdonare agli arabi il fatto che
uccidano i nostri figli, ma non perdoneremo mai il fatto che ci costringano ad uccidere i loro. Ci potrà essere la pace, solo quando gli arabi ameranno i
propri figli più di quanto odino noi”.   

 

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