Perché Bring Back Our Boys

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di Raffaele Pace

In questi giorni molti avranno sentito o visto nei social network questo motto. Alcuni hanno cambiato le loro immagini dei profili, si sono stampate maglie con le immagini dei tre ragazzi, sono scattate petizioni ed appelli per le loro liberazione, c’è stata una grande manifestazione di piazza alla quale hanno partecipato oltre duemila persone e ci si è raccolti in preghiera per non far cadere l’attenzione su una vera e propria tragedia umana.

I tre giovani, Eyal Yifrah di 19 anni, Gilad Shayer e Naftali Frenkel di 16 sono stati rapiti il 12 giugno dopo aver studiato in una Yeshivà vicino Hebron. Tutto lascia presupporre che siamo al ripetersi della vicenda che riguardato il caporale Gilad Shalit, tenuto prigioniero per 5 lunghissimi anni dai suoi aguzzini, dopo essere stato rapito in territorio israeliano.

Le costanti di questa politica suicida di Hamas sembrano essere due; il non far vivere tranquilli tutti gli israeliani, perché potrebbe toccare a ciascuno di loro, ed il rapire giovanissimi, in questo caso addirittura adolescenti.

Questo eterno status quo di terrore non aiuta certo il processo di pace e tantomeno tutti quei palestinesi che la pace la vorrebbero davvero; oggi, attraverso le nuove tecnologie, i social network, gli stessi palestinesi avrebbero modo di sfuggire ad una propaganda che li sta inevitabilmente portando in un tunnel dal quale difficilmente potranno uscire.

La lotta palestinese ha attraversato fasi diverse nelle quali il terrore ha sempre prevalso sulla ragione. L’ondata di attentati del 2002, cosi come il continuo ed incessante lancio di razzi dalla Striscia di Gaza verso Israele, dimostrano al mondo intero quanto il discorso sull’occupazione sia in realtà un falso. Da Gaza Israele è uscita unilateralmente nel 2005 e da allora i lanci di razzi non sono di certo diminuiti. Nel 2005, ultima anno di “occupazione” il totale è stato di 179 razzi lanciati in territorio israeliano, contro i 1571 del 2008. Media che è tristemente rimasta stabile anche negli anni seguenti.

La tecnica dei “rapimenti mirati” è oltremodo odiosa nelle sue spietate modalità; si rapiscono ragazzi colpendo al cuore la sensibilità di tutti coloro che essendo genitori si immedesimano nel dramma delle famiglie colpite. Cosi si genera un perverso gioco di dolore e rabbia che porterà le vittime ad essere colpevoli e a far si che per la liberazione dell’ostaggio, dopo anni di strazianti silenzi, si conceda la libertà a spietati assassini che a loro volta, tornati a casa, diventano eroi da imitare.

Israele non abbandona i suoi figli e questo i terroristi lo sanno. E’ facile e da vigliacchi rapire ragazzi inermi che dopo una giornata di studio tornano a casa. Tale situazione sta diventando insostenibile. Assisteremo, nei prossimi giorni, al solito balletto: i “cattivi” israeliani che nel tentativo di cercare i suoi ragazzi entra nei villaggi palestinesi dove verranno accolti da lanci di pietre (nel migliore dei casi). Dall’altra parte ci sarà un silenzio assordante sulla sorte dei ragazzi, silenzio che farà crescere il malcontento dell’opinione pubblica con il risultato di alzare la posta sull’eventuale riscatto.

In questo caso i delinquenti sono terroristi ed assassini e con loro non si può più scendere a patti. Tutti abbiamo gioito per la liberazione di Gilad Shalit ma, forse, abbiamo creato un pericoloso precedente. Ora questi barbari sanno che un caporale dell’esercito vale il rilascio di un migliaio di prigionieri. Quanto potranno valere tre giovanissimi adolescenti?

Con i terroristi non si può più trattare. Scommettiamo che tra i rapitori dei ragazzi troveremo qualcuno che è stato rilasciato in un precedente scambio di prigionieri?

La tanto vituperata Italia ha vinto le sue battaglie con le Brigate Rosse, con la mafia, con l’anonima sequestri, con il terrorismo, solo con la politica dell’intransigenza e del non trattare. Anche a costo di pagare prezzi salatissimi, con le vite del Generale Dalla Chiesa, Di Falcone e Borsellino e di tanti servitori dello Stato.

Israele deve fare di tutto, anche l’impossibile per cercare di riportare alle famiglie questi ragazzi. Da genitore pagherei qualunque prezzo per riavere i miei figli. Ma Israele deve preoccuparsi di milioni di suoi figli, sparsi in ogni angolo del mondo. E questa battaglia non si può perdere.

Quando chi ha rapito Eyal, Gilad e Naftali si renderà conto che non avrà nulla in cambio, si troverà davanti ad una scelta. Il rilascio (cosa che tutti ci auguriamo) o andare incontro ad una durissima reazione israeliana che porterà a Gaza ed in Cisgiordania solamente la rabbia del mondo intero per un atto vile ed inutile alla loro causa. Ed allora, ce lo auguriamo tutti, anche quei palestinesi per bene (e ce ne sono) si renderanno conto che l’unica salvezza sarà l’emarginazione di questi animali.

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