La leadership di Maometto

LibriLa leadership di Maometto

di Elena Lattes

Quali sono le virtù che un leader deve necessariamente avere? Esiste un’idea universale di questo ruolo o ogni cultura richiede caratteristiche diverse?

A rispondere a queste e ad altre domande è John Adair, già docente di Studi sulla Leadership presso l’Università di Surrey, in Gran Bretagna, e presidente dell’Associazione “Adair International” che fornisce programmi di sviluppo di leadership e consulenza in questo campo in tutto il mondo, il quale, partendo dalla biografia del profeta fondatore dell’Islam propone in “La leadership di Maometto” pubblicato da Armando Editore, alcuni degli aspetti più positivi degli insegnamenti che si possono trarre dai comportamenti di gruppo presenti nelle tradizioni musulmane e beduine. Il professore, che ha lavorato presso la Royal Military Academy Sandhurst e come Associate Director dell’ Industrial Society, arrivò a Gerusalemme (la cui parte orientale era illegalmente occupata dal Regno Hashemita) nel 1954 dove si unì al Nono Reggimento di beduini della Legione Araba di Giordania, composta da soldati provenienti da tutte i clan dell’Arabia Saudita. Il servizio che vi prestò per circa un anno fu per lui molto formativo poiché gli permise di conoscere a fondo la cultura di quella popolazione desertica per la quale nutre ancora un grande affetto. Questa sua esperienza lo accomuna, almeno in parte, a quella vissuta da Maometto, il quale, secondo la tradizione, nacque sì a La Mecca, ma come ogni bimbo di famiglia nobile, fu mandato presso le tribù nomadi  per motivi di salute, affinché potesse crescere forte e sano all’aria aperta e secca del deserto e potesse riscoprire le antiche tradizioni dei suoi antenati. Una volta adolescente il Profeta notò che non esisteva un unico capo, ma i beduini “dividevano tra loro le funzioni di comando”, spartendosi “alcune responsabilità come la custodia del tempio, la manutenzione del luogo per le assemblee (…) la riscossione della tassa di beneficenza per fornire ospitalità e soccorso ai pellegrini più poveri, e l’organizzazione dei riti che si svolgevano davanti alle effigi delle diverse divinità tribali (…)”. Da qui nasce, secondo l’autore, l’idea di leadership che egli illustra dettagliatamente con linguaggio semplice, in maniera chiara e con stile divulgativo.  Il testo, infatti, per stessa ammissione di Adair, non è una biografia di Maometto né un manuale di istruzioni su come condurre un gruppo di persone, ma una piacevole lettura in cui ognuno può trovare spunti e insegnamenti per la vita di tutti i giorni sia individuale che relazionale, da arricchire, come suggerisce lo stesso Adair, con le proprie esperienze e i propri valori. Un libro aperto, apolitico e, paradossalmente, a differenza di quanto si potrebbe pensare, non strettamente legato ad una specifica religione. Ognuna, infatti, ha da insegnare qualcosa e non mancano nel testo spunti, riferimenti e perle di saggezza provenienti dalla Bibbia ebraica, dai Vangeli e dalle filosofie orientali - in particolare da Confucio e Lao-Tzu - che elogiano l’uguaglianza, l’ospitalità, il buon esempio, l’integrità morale e spirituale, l’umiltà che però non deve sminuire la gloria, il coraggio ma anche la prudenza, la lungimiranza e l’assennatezza. Un leader, quindi, non dev’essere un dittatore o il depositario esclusivo di diritti e privilegi, ma “il primo tra uguali in una società in cui ogni uomo è fortemente indipendente e ostile a qualunque cenno di autocrazia e la cui autorità, dunque, dipende dalla forza del suo carattere e dalla sua capacità di gestire gli uomini”. Una persona che conduce e si sa far rispettare, ma che è anche al servizio dei suoi uomini e che è pronto a sacrificarsi per essi. Tutti elementi che, come si può facilmente immaginare, sono fortemente presenti anche in molte altre culture sia religiose che non e che, però, nonostante questo, spesso vengono dimenticati o calpestati.

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