Breve viaggio nella Polonia e nella Varsavia ebraiche Sinagoga di Varsavia

CulturaBreve viaggio nella Polonia e nella Varsavia ebraiche

di Dova Cahan

Nel settembre 2016 visitai per la prima volta Varsavia, capitale della Polonia, la quale era considerata anche la capitale dell'ebraismo europeo fino all'avvento del nazismo. Perfino il nome Polonia ha origini ebraiche dai primi sefarditi che vi arrivarono e dissero "Po-nalun", ossia: qui resteremo.

Gli ebrei vissero lì per più di 1000 anni e, prima dell'invasione tedesca, agli inizi della Seconda Guerra Mondiale, si contavano tre milioni di ebrei. La maggior parte venne trucidata nei numerosi campi di sterminio e nei ghetti costruiti proprio in quei territori. Le poche migliaia di persone sopravvissute all'orrore nazista, alla fine della guerra, trovarono rifugio nella Palestina Mandataria Britannica, negli Stati Uniti e nel Sud America. Quei pochi ebrei che vi restarono contribuirono alla ricostruzione del Paese e della comunità ebraica.

Ma nuovamente, nel 1968, una campagna antisemita ed antisionista contro i 10.000 sopravvissuti rimasti, li costrinse a lasciare definitivamente la Polonia e trovare rifugio in Israele.

Nel 1989, in seguito alla caduta del comunismo, tornò un piccolo numero di persone di origini polacche e oggi a Varsavia si contano poco più di 600 ebrei.

Il fulcro è incentrato sulla preservazione dei vecchi luoghi che rappresentavano il periodo fervido dell'ebraismo in Polonia, soprattutto nella capitale e a Cracovia.

Il percorso della Varsavia “Judaica” comprende molte tracce di ciò che la città fu nel passato come i muri del Ghetto che alla fine della guerra furono bombardati dagli stessi nazisti, ma oggi vengono ricordati sui marciapiedi da lapidi commemorative; il monumento agli Eroi del Ghetto; il nuovo museo della storia ebraico-polacca Polin; Umschlagplatz, il luogo vicino alla stazione da dove il 22 luglio 1942 partirono i primi trasporti degli ebrei in direzione del campo di sterminio Treblinka. Inoltre ci sono ancora molti luoghi ben noti come il famoso cimitero ebraico sulla via Okopowa contenente circa centomila sacrari e sepolcri, un vero valore storico, il rinomato orfanatrofio del famoso pedagogo e medico Janusz Korczak dove oggi c'è anche un monumento in sua memoria. Mentre molti altri luoghi non ci sono più ma una lapide o un cippo riporta la loro eroica storia come via Mila 18, dove era allocato il più grande "bunker" del Ghetto, conosciuto per il sacrificio di numerosi giovani partigiani e per il suicidio del valoroso combattente Mordechai Anielewich.

Il perno vivente della Varsavia odierna  è la Sinagoga Nozyk, un edificio bianco in via Twarda 6, l'unica tra le numerose sopravvissute ai bombardamenti tedeschi. Riuscì a non essere distrutta perché venne trasformata in un magazzino di armi ed in una stalla. Mentre la Grande Sinagoga di via Tlomackie fu completamente bombardata e rasa al suolo alla fine della guerra e oggi è sostituita da un grandissimo edificio detto il Grattacielo Blu i cui primi tre piani sono stati concessi alla comunità ebraica a scopo di uffici, biblioteca e sale per mostre temporanee.

Negli ultimi anni la Polonia è visitata spesso da molte delegazioni studentesche israeliane, tra di loro anche molti figli e nipoti dei sopravvissuti ai campi di sterminio e anche da militari israeliani in divisa che con la loro quotidiana presenza nei Campi di Concentramento Auschwitz Birkenau testimoniano la vitalità dello Stato d'Israele.

Ho visitato la Sinagoga Nozyk il venerdì sera per la celebrazione dello Shabbat ("Kabbalat Shabbat").

L’edificio era affollato da studenti israeliani che con le loro preghiere e canzoni regalavano una splendida atmosfera di rinascita e vivacità. Allora mi è tornata in mente la nota frase che spesso ripetiamo: "Am Israel Hai", “il popolo d’Israele vive”, un popolo che il nazismo e l'antisemitismo bimillenario non sono riusciti a cancellare.

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